Sommario Contenuto
- 1 Cos’è l’apicoltura?
- 2 Le arnie villiche del Salento
- 3 Ape ladra di Polline
- 4 Il regno delle Api, un’organizzazione perfetta
- 5 Apicoltura: Fecondazione dell’ape regina e covata
- 6 L’arnia razionale
- 7 Apicoltura: Come visitare un’arnia
- 8 Apicoltura: La sciamatura ed il recupero degli sciami
- 9 Apicoltura: Formazione di nuove famiglie
- 10 La lotta biologica alla varroa nell’apicoltura
- 11 Attrezzatura da Apicoltore
- 12 Apicoltura: La raccolta tradizionale in Salento
- 13 Foto visita alle Arnie nel Salento
Cos’è l’apicoltura?
L’apicoltura, per definizione, è la tecnica dell’allevamento delle api. Nei secoli quest’arte ha subito un’evoluzione notevole, sino ad arrivare ai nostri giorni con l’apicoltura razionale. Con il passare degli anni c’è stato un sempre maggiore rispetto verso le api. Basti pensare che mentre in passato veniva letteralmente “rubato” loro il miele (compromettendo non poche volte la vita stessa dell’alveare!), oggi “regaliamo” alle api una casa confortevole e già completa: l’arnia razionale, con all’interno i telaini (favi) già pronti per essere riempiti! In cambio le nostre “amiche” producono più miele, che noi andremo a raccogliere da una zona dell’arnia detta melario.
Iniziando a praticare questo hobby ho scoperto che a Morciano fino a qualche anno fa erano tantissime le famiglie ad avere degli alveari. Anche nella cucina popolare troviamo esempi di dolci che vedono nel miele il loro ingrediente principe (ad esempio le cartellate). Purtroppo oggi questa tradizione sta morendo e molte antiche arnie sono andate perse.
Ritengo quindi ancora più apprezzabile l’opportunità che Pantaleo e lo Staff di TorreVado.info mi stanno offrendo: parlare su questo sito di apicoltura, con un occhio particolare verso l’apicoltura tradizionale. Spero che nasca in qualcuno il desiderio di recuperare antiche tradizioni abbinandole a tecniche moderne ma rispettose della natura.
Le arnie villiche del Salento
Passeggiando nelle campagne salentine, soprattutto nei pressi di alcune masserie, potremmo imbatterci in delle arnie villiche: le vecchie arnie in pietra che a Morciano e dintorni erano conosciute come “Vucche” ossia bocche.
Le arnie villiche sono costituite da blocchi di pietra a forma di parallelepipedo e cavi all’interno. Una delle due estremità più lontane, solitamente quadrate, è chiusa ma presenta alcuni forellini, che permettevano il passaggio delle api. Dall’altra parte invece l’arnia, aperta, veniva sbarrata con un “tappo”, anch’esso in pietra, e sigillata con della calce mista a terra, in modo da non far passare le api. Durante il periodo della raccolta (tradizione vuole che sia dopo la festa di Sant’Anna, a Luglio) l’apicoltore toglieva il tappo e “tagliava” i favi.
Questa era un’operazione spesso cruenta per le api, e non priva di problemi per chi operava. Infatti bisognava mettere in conto di essere punti in quanto le maschere utilizzate erano spesso “arrangiate”. Inoltre per far allontanare le api dai favi si lavorava con un bastone alla cui estremità veniva bruciato del letame essiccato e buona parte del fumo andava a finire anche verso l’apicoltore.
I favi appena raccolti si riponevano nei contenitori improvvisati e coperti con tovaglie o strofinacci, quindi portati nelle case per la gioia dei bambini. La parte di favo contenente il miele si separava da quella contenente covata (detta “puddhu”) quindi si procedeva con la spremitura per ottenere il dolce miele!
Nelle fotografie potete vedere un paiara, adibita un tempo a frantoio per l’uva, sul cui lato ad est è stato costruito un apiario. Oggi sono riuscito a riparare 5 arnie su 6, e ad avere api in 4 di queste.
Ape ladra di Polline
Una curiosa testimonianza di un’ape che ruba letteralmente il polline alla sua compagna.!
Anche le api rubano! Nel video si vede un’ape che ruba il polline da una “collega” all’ingresso di un’arnia villica e poi tenta di fare il bis. Nel replay si può notare meglio
Il regno delle Api, un’organizzazione perfetta
Gli alveari sono un super-organismo in cui ogni ape ha un ruolo ben definito.
A capo c’è l’ape regina (una per ogni alveare) che ha il compito di deporre le uova e, nel periodo della sciamatura, abbandona la vecchia “casa” con una parte dei suoi “sudditi” per andare a formare un nuovo “regno”, lasciando il posto ad una nuova regina. E’ facilmente distinguibile per via della sue dimensioni più pronunciate rispetto alle altre api, dovute all’addome dorato ed allungato.
Ci sono poi i fuchi, i maschi dell’ape, che hanno il solo compito di fecondare la regina. Hanno dimensioni più piccole della regina, ma più grandi delle altre api. Si distinguono facilmente anche per gli occhi che sono molto pronunciati ed occupano buona parte della testa. E’ utile sapere che non pungono! Di solito in un alveare di diverse migliaia di api, sono un centinaio.
Per concludere troviamo le api operaie, senza dubbio le più numerose. I loro compiti sono specifici e normalmente variano con l’età dell’ape stessa. Alcune si occupano di tenere pulito l’alveare (api spazzine), altre di nutrire le larve (ape nutrici), altre ancora della difesa (api guardiane) e, le più esperte di procurarsi nettare e polline (api bottinatrici). Sono di dimensioni ridotte se paragonate alla regina o ai fuchi, ma hanno delle ali ben sviluppate per poter volare lontano (arrivano ad allontanarsi più di 3 Km in caso di mancanza di nettare nelle vicinanze dell’alveare).
Apicoltura: Fecondazione dell’ape regina e covata
La fecondazione della regina avviene durante il “volo nuziale” ovvero quando una regina ancora vergine esce dall’alveare (unica volta nella sua vita esclusa la sciamatura) seguita da alcuni fuchi.
Durante il volo avverrà la copulazione a seguito della quale i fuchi moriranno (il loro apparato riproduttore rimane ancorato alla regina). La regina quindi conserva lo sperma in delle sacche interne dette spermateche, per utilizzarlo nel corso della sua vita per fecondare le uova. Si calcola che un’ape regina arrivi a vivere sino a 5 anni. La prima distinzione che si può fare nella covata è nel fatto che le uova fecondate danno origine ad operaie o ad una regina, le altre a fuchi. Quindi, nel caso una regina dovesse terminare lo sperma contenuto nella spermatica o non venisse fecondata, dalle sue uova nascerebbero solo fuchi (regina fucaiola). Anche le operaie possono deporre uova non fecondate (ad esempio se viene a mancare la regina e non riescono a sostituirla) che danno origine pure in questo caso a fuchi. Un alveare che presenti solo covata maschile è destinato a morire (salvo il tempestivo intervento dell’apicoltore).
La regina depone le uova nelle cellette dei favi. Ogni cella conterrà un solo uovo ben ancorato ed al centro. La maggior parte delle celle sono da operaia. Ai bordi dei favi invece troviamo normalmente le celle da fuco, più grandi. E’ ancora più facile distinguere la covata maschile da quella femminile osservando gli opercoli (i “tappi”) delle celle. Infatti quelli delle celle a fuco sono più “bombati”. Ancora più semplice è riconoscere la cella che vedrà nascere la regina (detta cella reale): ha una caratteristica forma “a pigna”.
Anche l’evoluzione della covata di regina, fuchi ed operaie ha una durata differente, come si può notare dalla tabella di seguito:
giorno | operaia | fuco | regina |
1 | uovo | uovo | uovo |
2 | uovo | uovo | uovo |
3 | uovo | uovo | uovo |
4 | Larva (pappa reale) | larva | Larva (pappa reale) |
5 | Larva (pappa reale) | larva | Larva (pappa reale) |
6 | Larva (pappa reale) | larva | Larva (pappa reale) |
7 | Larva | larva | Larva (pappa reale) |
8 | Larva | larva | Larva (pappa reale) |
9 | Larva | larva | Larva (pappa reale) |
10 | Ninfa (cella opercolata) | Ninfa (cella opercolata) | Ninfa (cella opercolata) |
11 | Ninfa (cella opercolata) | Ninfa (cella opercolata) | Ninfa (cella opercolata) |
12 | Ninfa (cella opercolata) | Ninfa (cella opercolata) | Ninfa (cella opercolata) |
13 | Ninfa (cella opercolata) | Ninfa (cella opercolata) | Ninfa (cella opercolata) |
14 | Ninfa (cella opercolata) | Ninfa (cella opercolata) | Ninfa (cella opercolata) |
15 | Ninfa (cella opercolata) | Ninfa (cella opercolata) | Ninfa (cella opercolata) |
16 | Ninfa (cella opercolata) | Ninfa (cella opercolata) | ape |
17 | Ninfa (cella opercolata) | Ninfa (cella opercolata) | ape |
18 | Ninfa (cella opercolata) | Ninfa (cella opercolata) | |
19 | Ninfa (cella opercolata) | Ninfa (cella opercolata) | |
20 | Ninfa (cella opercolata) | Ninfa (cella opercolata) | |
21 | ape | Ninfa (cella opercolata) | |
22 | Ninfa (cella opercolata) | ||
23 | Ninfa (cella opercolata) | ||
24 | ape |
Osservando attentamente lo schema si intuisce come, in caso di improvvisa orfanità di una famiglia, le api possano rimediare trasformando una cella “da operaia” in una cella reale, purché la larva non abbia superato il 3 giorno di vita. La cella della larva “prescelta” viene trasformata in una cella reale, e viene nutrita con pappa reale fino al 10° giorno.
E’ quindi molto importante per una apicoltore individuare eventuali famiglie orfane per aggiungere, se necessario, un telaino contenente covata fresca (preso da un’altra arnia) e salvare così una famiglia destinata a morire. Naturalmente nell’apicoltura con arnie villiche questo non è possibile perché non si potrebbero aggiungere dei favi di covata fresca ma, soprattutto, perché è praticamente impossibile sapere se la famiglia è orfana o meno.
L’arnia razionale
L’arnia per l’apicoltura moderna più diffusa in Italia è la DB (Dadan Blatt) da 10 telaini. Le parti principali sono 2: il nido (in basso) ed il melario (in alto). Nel nido l’apicoltore provvederà ad inserire dei telaini (nell’arnia in questione 10) con dei fogli cerei su cui le api costruiranno le cellette per la covata e l’immagazzinamento del miele e del polline.
I fogli cerei, ricavati da cera d’api, hanno prestampata in rilievo la forma esagonale delle celle femminili (più piccole rispetto alle maschili). Nel melario invece, che viene aggiunto sul nido quando la famiglia comincia a raggiungere dimensioni importanti (le api che presidiano 7 telaini del nido), i telaini saranno 9, e la loro altezza sarà la metà dei primi.. E’ buona norma inserire tra il melario ed il nido una griglia detta “escludiregina”. Questa serve, come suggerisce il nome stesso, ad evitare che la regina riesca a salire a melario, ed a deporvi le uova. In questo modo troveremo nel melario solo il miele, che provvederemo a raccogliere attraverso un processo detto “smielatura”, durante il quale non distruggeremo le cellette che con tanta fatica le api avevano costruito sui fogli cerei che avevamo dato loro, ma semplicemente priveremo del miele.
L’anno successivo riconsegneremo alle nostre amiche i telaini da melario che avevano già costruito. Esse quindi si troveranno a poter fare a meno di costruire nuovamente il “magazzino” e ci “ringrazieranno” dedicandosi alla raccolta del nettare e quindi alla produzione del miele.
Per chiudere l’alveare troviamo il coprinido ed il tettuccio. Un’altra parte dell’arnia è il portichetto d’ingresso. Questo, nel caso delle arnie da nomadismo (quelle che vengono spostate per la produzione di miele monofora), può essere chiuso con una rete che permette alle api di “respirare” ma non di uscire.
Da qualche anno le arnie vengono costruite con un altro accorgimento: il fondo anti-varroa. Si tratta di una rete posta al posto del fondo dell’arnia. In questo modo le varroa (un acaro dell’ape) che dovessero cadervi non riescono a risalire nell’alveare. Posizionando un cassettino sotto la rete si può controllare lo stato di infestazione della famiglia (contando il numero di varroa presenti).
La posizione ideale per un arnia è un luogo soleggiato d’inverno e fresco d’estate (ad esempio sotto un Albero con foglie caduche). La sua orientazione dovrà essere sud – sud est, in modo da essere colpita dai primi raggi di sole del mattino ed a stimolare le bottinatrici ad uscire nel momento in cui i fiori hanno il maggior contenuto di nettare.
Apicoltura: Come visitare un’arnia
Qualche volta può succedere di essere punti da un’ape, soprattutto se si fa l’apicoltore
A prescindere dal fatto di decidere o meno di avere a che fare con le api, è opportuno che ognuno si accerti del fatto di non essere allergico al loro veleno. Sarebbe infatti stupido rischiare uno shock anafilattico.
Detto ciò, bisogna sapere che le api attaccano solo se si sentono minacciate; nella visita ad un arnia quindi la regola principale è non farle innervosire! E’ opportuno vestire con abiti chiari, indossare una maschera protettiva (in commercio se ne trovano a partire da 20,00 €) e dei guanti (vanno bene quelli gialli che si usano per lavare i piatti). Gli apicoltori più esperti preferiscono lavorare senza maschera e guanti, ma bisogna sempre mettere in conto qualche puntura.
Un altro attrezzo quasi indispensabile per un apicoltore è l’affumicatore. Si tratta di uno strumento nel quale viene fatto bruciare del cartone arrotolato (o un sacco di iuta) e grazie al quale si indirizza qualche sbuffo del fumo prodotto verso le api, rendendole più docili. Bisogna però fare attenzione a non esagerare con l’affumicatore, pena l’effetto opposto, con le api che cominceranno ad innervosirsi.
Un altro semplice ma indispensabile strumento è la leva, necessaria per togliere il coprinido e staccare il melario dal nido (le api li sigillano con una sostanza detta propoli). Se un estremità della leva è a forma di un gancio, può essere utilizzata per togliere i telaini senza farli urtare tra loro rischiando di schiacciare delle api (e quindi innervosirle).
Apicoltura: La sciamatura ed il recupero degli sciami
Il fenomeno della sciamatura è un evento molto importante nel ciclo vitale delle api. Si tratta dell’abbandono dell’arnia della vecchia regina, seguita da un gran numero di altre api. In questo modo da un’unica famiglia più grossa se ne formano 2 più piccole.
Questo avviene nel periodo primaverile, in cui c’è maggior quantità di nettare e polline, per permettere alla nuova famiglia di poter facilmente trovare le “energie” per la costruzione di una nuova “casa” e di raggiungere prima del periodo autunnale un numero tale da permetterle di sopravvivere sino alla stagione successiva.
Quando le api avvertono che la regina ha intenzione di sciamare, cominciano a costruire delle celle reali per rimpiazzarla. La sciamatura avviene normalmente in una giornata soleggiata, durante le ore più calde. E’ impressionante vedere questa nuvola di api alzarsi in volo e sentirne il rumore! Solitamente la prima “tappa” dello sciame è il ramo di un albero a pochi metri dall’alveare. Qui le api si dispongono a formare un caratteristico grappolo ed attendono che le esploratrici trovino un posto adatto per l’insediamento del nuovo nido. Possono intercorrere poche ore così come 2-3 giorni prima che uno sciame si allontani definitivamente dal ramo. E’ proprio in questo lasso di tempo infatti che avviene il recupero dello sciame da parte dell’apicoltore. Il metodo tradizionale (che ho utilizzato anch’io sino a quest’anno) è quello di far cadere lo api in un cesto, scuotendo il ramo su cui si sono posate, chiudendo quindi la “sporta” per non farle uscire.
A questo punto si capovolge il cesto per fare in modo che le api si appendano al suo fondo e dopo qualche minuto si riversano le api nell’arnia (villica o razionale) che si provvederà subito a richiudere. Non sempre le api decidono di rimanere nell’arnia. Per ovviare a ciò alcuni metodi tradizionali erano quelli di strofinarne le pareti con del rosmarino o di ungerle di miele. Con l’avvento delle arnie razionali, basta lasciare nel nido dei telaini di covata perché le api decidano di non abbandonare la nuova dimora. Si può inoltre evitare il passaggio dello sciame nella cesta, facendo cadere le api direttamente nell’arnia.
Apicoltura: Formazione di nuove famiglie
L’uso delle arnie razionali ci permette di formare nuove famiglie, evitando la sciamatura. Ci sono diversi metodi che si basano principalmente sul fatto che è possibile prelevare dei telaini da un’arnie ed inserirli in un’altra. Ad esempio, appena comincia il periodo della sciamatura e le api accennano la costruzione delle prime celle reali, procediamo a spostare 3 telaini di covata in una nuova arnia insieme a delle api e, soprattutto, alla regina. Inoltre aggiungeremo 2 telaini di scorte presi da altre arnie (stavolta senza api sui telaini). Le api nella nuova arnia, insieme alla vecchia regina, cominceranno a lavorare per rinforzare la famiglia.
Nella vecchia arnia le api finiranno di costruire le celle reali e rimedieranno presto alla loro orfanità con una nuova regina. E’ scontato che queste operazioni non vanno a buon fine nel 100% dei casi. E’ quindi buona norma verificare che tutto proceda correttamente e che, ad esempio, nello spostare i telaini non abbiamo ucciso la regina, o che nella vecchia arnia le celle reali portino realmente alla nascita della nuova regina.
Inoltre è opportuno valutare la convenienza di sacrificare una famiglia forte per formarne due: infatti perderemo parte del raccolto di miele (le api saranno impegnate a ripopolare la famiglia anziché nella raccolta).
La lotta biologica alla varroa nell’apicoltura
La varroa è un acaro presente praticamente in tutti gli alveari. Ha dimensioni paragonabili a quelle di una pulce. Questo acaro oltre a debilitare le api adulte attacca le larve, portando alla nascita di insetti senza ali o deformi. Arnie con forti infestazioni di varroa sono destinate alla morte, anche perché le api divengono più vulnerabili alle altre patologie.
Oggi si sono sviluppati diversi metodi per la lotta a quest’acaro. Oltre a quelli con prodotti chimici (Apivar, Apilife, ecc.) sta prendendo sempre più piede il “TIT” (Telaino Indicatore Trappola). Quello dell’utilizzo del TIT è un metodo di lotta biologica alla varroa. Sfrutta il fatto che quest’acaro per riprodursi utilizza le celle di covata opercolata, prediligendo le maschili. Il TIT è un normale telaino, diviso in 3 parti, ed al quale non viene inserito il foglio cereo. Si procede in questo modo:
- Giorno 1: Si inserisce il TIT tra 2 telaini di covata, avendo cura di lasciare vuota solo 1 delle 3 parti in cui è suddiviso (le altre 2 saranno chiuse con un diaframma di legno). Le api cominceranno a costruire celle che saranno da fuco (in quanto gli altri telaini che abbiamo dato loro avevano fogli cerei con prestampate celle femminili). La parte vuota del TIT dovrà essere rivolta verso l’ingresso dell’arnia, che è la parte che le api prediligono per costruire.
- Giorno 8: Le api avranno cominciato a costruire un favetto nella parte libera del TIT, ed alcune celle avranno covata. Ora noi toglieremo il diaframma che chiudeva la parte centrale.
- Giorno 15: Il primo favo occuperà ormai tutto lo spazio a disposizione (1/3 del totale) e presenterà covata opercolata. Nel secondo spazio che avevamo dato alle api esse avranno costruito un altro favetto (che si troverà come quello precedente al giorno 8). Togliamo ora il terzo diaframma e ruotiamo il telaino in modo da mettere la parte vuota rivolta verso l’ingresso dell’arnia.
- giorno 22: Togliamo dal TIT il primo favo che le api avevano cominciato a costruire prima che la covata sfarfalli. In questo modo avremo eliminato la varroa che si era annidata in quel favo (coma avevamo detto quest’acaro predilige le celle maschili per riprodursi). Ecco perché il telaino prende il nome di “Trappola”. La settimana successiva elimineremo il secondo favo e così via. Il TIT è anche indicatore perché, nel momento in cui non dovessimo trovare costruito un favetto nello spazio lasciato libero la settimana precedente, avremo il sentore che qualcosa non va! Ad esempio potremmo trovare delle celle reali, indice che le api si preparano a sciamare. Sarà nostra cura a quel punto decidere il da farsi.