25 Gennaio 2011 | Autore: Pantaleo | Salento
I popoli della Messapia
dall’età del Ferro all’età ellenistica (IX sec. a.C. – metà III sec. a.C.)
Articolo della Guida Archeologica ” Antica Messapia “
Premessa
I Messapi sono il popolo che abitò la penisola salentina dal IX secolo a.C. fino al 267/266 a.C. quando, con la fine del bellum sallentinum, i Romani assoggettarono la Messapia con il conseguente avvio del cosiddetto processo di romanizzazione.
La più antica fonte storica relativa ai Messapi risale ad Erodoto (Le Storie, VII 170), che ci informa di una loro probabile origine cretese. Un gruppo di abitanti dell’isola di Creta, secondo lo storico greco, nel viaggio di ritorno dalla fallimentare campagna bellica condotta in Sicilia, giunto nei pressi delle coste della Iapigia (antica denominazione del Salento), fu sorpreso e gettato a riva da una violenta tempesta. Poiché
erano andate distrutte le loro imbarcazioni e non si vedeva più alcun mezzo per tornare a Creta, i superstiti fondarono la città di Hyrie (forse identificabile con Vereto) e si stabilirono nella regione diventando, con un grande cambiamento – invece che Cretesi – Iapigi Messapi.
Per quanto riguarda l’etimologia dell’etnico Messapi, l’ipotesi più attendibile è quella di “popolo che vive in mezzo a due mari”, assegnato dagli stessi Greci che, giungendo dal mare, vedevano la Iapigia presentarsi come una penisola.
Il territorio della Messapia comprende, attualmente, le provincie di Brindisi, Taranto e Lecce e presenta, nel suo complesso, realtà fisiche differenziali che permettono di suddividerla in tre diversi comprensori:
– Settentrionale, racchiuso fra la congiungente Egnazia – Taranto e Torre Santa Sabina – Porto Cesareo;
– Centrale, che insiste nel bassopiano interposto tra la parte estrema meridionale delle Murge e le prime movenze delle Serre salentine;
– Meridionale, delimitato a nord dalla congiungente Otranto – Gallipoli e a sud dal promontorio di Santa Maria di Leuca.
Età del Ferro (IX – VII sec. a.C.)
Il sistema insediativo della penisola si caratterizzava, a partire dalle prime fasi dell’età del Ferro (IX secolo a.C.), per la presenza di una serie di piccoli villaggi sparsi nel territorio, costituiti da capanne con fondazioni in blocchi di pietra e copertura con elementi vegetali.
Nella prima metà dell’VIII secolo a.C. l’abitato più importante era Otranto, che rivestiva il ruolo di centro redistributore dei beni importati dalla Grecia.
Nella seconda metà dell’VIII sec. a.C. si assiste ad un aumento del numero di abitati, chiaro segnale di un incremento demografico. I contatti commerciali che gli Iapigi intrattenevano con il mondo balcanico e greco permisero, probabilmente, l’apprendimento di nuove tecniche e la ricezione di impulsi necessari all’avvio dei processi di evoluzione e di articolazione sociale. Otranto – in questa fase – ospitava probabilmente un piccolo nucleo di greci, dediti ad attività commerciali, in un rapporto di pacifica convivenza ed integrazione con gli indigeni.
Il periodo successivo (fine VIII – VII secolo a.C.) è stato caratterizzato dalla fondazione della colonia spartana di Taranto, che ha avuto una notevole influenza sulla civiltà iapigio-messapica, comportando una prevedibile disarticolazione nel sistema insediativo iapigio.
I rapporti fra Greci e Messapi furono condizionati da attriti che, almeno fino al V secolo a.C., non ebbero conseguenze devastanti.
Età arcaica (VI – inizi V sec. a.C.)
Il sistema insediativo e la struttura interna degli abitati messapici hanno subìto delle sostanziali modifiche attorno alla metà del VI secolo a.C., fase in cui si denota una maggiore articolazione della società indigena. A partire da questo periodo si assiste alla formazione di estesi insediamenti protourbani, che hanno funto da poli accentratori nei confronti dei piccoli villaggi a capanne precedentemente sparsi nel territorio.
Nella Messapia meridionale – ad esempio – Ugento assunse un ruolo di notevole rilievo, attestato dal rinvenimento di una statua bronzea di Zeus e della cosiddetta Tomba dell’Atleta. L’abitato di Ugento, insieme a quelli di Oria e Cavallino, era uno dei tre centri dominanti del sistema insediativo della Messapia arcaica, attorno ai quali si disponevano, sfruttando posizioni favorevoli per il controllo del territorio, alcuni insediamenti di esigue dimensioni.
Una delle novità più importanti, che hanno investito il mondo messapico in età arcaica, è costituita dalla scrittura. La lingua messapica venne – in questo modo – registrata attraverso l’adozione dell’alfabeto greco sul modello tarantino, con l’introduzione di alcune lettere nuove come il segno a tridente. L’acquisizione della scrittura è una ulteriore evidenza del notevole influsso esercitato dalla cultura greca su quella
messapica.
A partire dalla metà del VI secolo a.C. compaiono in Messapia le prime evidenze funerarie, anch’esse mutuate da rituali tipici del mondo greco.
Alle fasi conclusive dell’età arcaica (490 a.C.) sono da riferire i rinvenimenti – ad Oria, Cavallino e Ugento – di alcune tombe che si distinguono dalle altre sia dal punto architettonico che per la ricchezza dei corredi, che suggeriscono una maggiore articolazione sociale all’interno della popolazione con l’affermazione di gruppi aristocratici dominanti.
Le sepolture maschili messapiche si caratterizzano per la costante presenza, fra gli elementi del corredo funerario, di manufatti da porre in relazione con il consumo di vino nei banchetti, che rinviano alla virilità. Nelle sepolture femminili – invece – ricorre la presenza della cosiddetta trozzella, ossia un’anfora di uso domestico tipica della produzione vascolare messapica.
L’età arcaica ha visto anche sorgere diversi santuari, tra cui Monte Papalucio (nei pressi di Oria), Scalo di Furno (Porto Cesareo), Grotta Trinità (sulla serra di Ruffano) e Grotta Porcinara sulla Punta Ristola al Capo di Leuca.
Età classica (V – metà IV sec. a.C.)
Nel corso del primo quarto del V sec. a.C., in Messapia, si assiste all’abbandono di alcuni abitati (la Chiusa presso Salve) e alla violenta distruzione di altri (Cavallino). Nello stesso tempo, diversi luoghi di culto subirono un’interruzione della loro frequentazione e immagini sacre, come lo Zeus di Ugento, vennero nascoste (per essere poi recuperate circa 2.500 anni dopo).
Per quanto riguarda il sistema insediativo, l’età classica si caratterizza per l’assenza di abitati complessi e strutturati e per il ritorno ad esperienze abitative disperse nel territorio. Si tratta di dirette conseguenze – probabilmente – delle vicende belliche che hanno visto contrapporsi i Messapi ai Tarantini, la più celebre delle quali è la conquista di Carbina (Carovigno) ad opera di questi ultimi, i quali infierirono sugli abitanti della città e, in particolare, sulle donne vergini e sui bambini indifesi.
Ciò comportò una reazione della popolazione indigena che, nel 470 a.C.,riuscì ad arginare le mire espansionistiche di Taranto. La controffensiva organizzata dai Messapi, con il prezioso aiuto dei vicini Peuceti, portò a quella che Erodoto ha definito la più immane disfatta che il popolo greco avesse mai conosciuto.
A seguito di questi eventi bellici i contatti commerciali tra la Messapia e Taranto subirono una brusca flessione per tutto il V secolo a.C., mentre gli ottimi rapporti fra Messapi e Atene trovano conferma sia nell’archeologia che nell’antica tradizione letteraria.
Le fonti storiche, infatti, attestano un’alleanza messapica con la città dell’Attica, che aveva in programma di fondare la colonia di Turii nella Siritide. Figura chiave di questi contatti tra Grecia e Messapia è quella del “dinasta” Arthas, da intendere tuttavia non come quella “di un re di tutta la stirpe messapica”, bensì come un personaggio di influenza limitata ad una scala locale. Si trattava di un esponente della casta nobiliare noto – ai suoi tempi – per le sue eccezionali doti agonistiche e per le sue abilità dialettiche e diplomatiche.
Età ellenistica (metà IV – III sec. a.C.)
La fase ellenistica dell’età messapica si caratterizza per la realizzazione di fortificazioni, di grandi dimensioni, che cingevano tutti i centri abitati della Messapia. Le cinte murarie hanno avuto due differenti fasi costruttive.La più antica ha conservato la tecnica indigena dei muri a secco in opera poligonale, con funzione riferibile più alla demarcazione territoriale che difensiva.
Ad un momento successivo si rifà la costruzione di imponenti fortificazioni, che denotano importanti progressi tecnici e la disposizione di un ingente quantitativo di risorse.
La motivazione principale, che ha costretto i Messapi a realizzare tali importanti opere difensive, è da attribuire al costante e sempre attuale pericolo rappresentato dai Tarantini e dall’incombente minaccia portata dall’espansione di Roma, che ha comportato un’insolita alleanza tra i due nemici “storici”.
Il sistema insediativo presentava – in questa fase – una maggiore articolazione. Intorno ad alcuni centri dominanti (Oria, Rudiae, Muro Leccese, Ugento) si disponevano abitati di medie dimensioni (Ostuni, Manduria, Valesio, Vaste, Vereto, ecc.).
Indispensabile per l’economia della penisola, inoltre, si rivelava la presenza degli approdi portuali (Egnazia, Rocavecchia, Otranto, Torre S. Giovanni, ecc.), che permettevano uno sbocco commerciale alla città di riferimento e al suo entroterra, fittamente popolato da piccole fattorie legate allo sfruttamento agricolo del territorio.
Lo sviluppo demografico e la maggiore circolazione di risorse, attestati tra il IV e il III secolo a.C., sono da porre in relazione con l’acquisizione di tecniche di sfruttamento agricolo più evolute, che hanno generato un surplus ed un incremento dei commerci.
La penisola salentina subì anche in età ellenistica il processo di “acculturazione” greca, che perdurò fino al 272 a.C., anno della caduta di Taranto ad opera di Roma che, nel decennio successivo (267/266 a.C.) – a seguito del bellum sallentinum – assoggettò la popolazione messapica e aprì una nuova stagione politica e culturale.
La viabilità del Salento in età messapica
La viabilità della penisola salentina in età messapica risulta di difficile ricostruzione, a causa dell’assenza di fonti di scrittori antichi e di evidenze archeologiche.
È molto probabile, tuttavia, che il Salento fosse caratterizzato da un sistema viario articolato, in grado di consentire il collegamento fra i vari centri urbani, ben prima del processo di romanizzazione.
Strabone scriveva di un importante tracciato viario – d’età messapica – che congiungeva Taranto ad Otranto passando per Vereto. Si trattava di un’arteria che venne denominata – successivamente – via “Sallentina”.
Il nome, convenzionalmente attribuito dagli studiosi, deriva dal fatto che attraversava la sub-regione localizzata nell’estremità occidentale della penisola e abitata in antico dai Sallentini. La via “Sallentina” collegava una serie di importanti città, tra cui Taranto, Manduria, Nardò, Alezio, Ugento, Vereto, Vaste e il porto di Otranto.
Oltre alla via “Sallentina”, in età messapica, era attiva una maglia di tracciati minori che permetteva i collegamenti fra le città – ubicate generalmente ad alcuni km di distanza dalla costa – e i loro rispettivi scali portuali. Relativamente alla Messapia meridionale, il collegamento fra Vereto e l’importante porto di Leuca era garantito – secondo Strabone – da due diramazioni secondarie della via “Sallentina”.
La città di Vereto era collegata anche con il vicino approdo di Torre San Gregorio.
La viabilità extraurbana, probabilmente, si integrava con una rete di strade che, dai centri abitati messapici, si dirigevano verso le contrade rurali – anche per pochi km – laddove sorgevano insediamenti agricoli all’epoca famosi per la produzione di olio, vino, miele, lana e per l’allevamento dei cavalli.
Articolo della Guida Archeologica ” Antica Messapia ”
Popoli e luoghi del Salento meridionale nel I millennio a.C.
A cura di Marco Cavalera e dell’ Associazione Culturale Archès .
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ASSOCIAZIONE CULTURALE ARCHE’S
E molto interesante. Anche nella costa albanese che un toponimo Messaplik e anche uno Japigia,
secondo S. Bizantino etc.