23 Aprile 2008 | Autore: Pantaleo | Salento
La cucina Salentina è una delle pochissime gastronomie con tipicità fortemente mediterranea. In questa fascia della Puglia, la valorizzazione dei prodotti alimentari agricoli del territorio è un principio che non ha avuto bisogno di seguire le mode gastronomiche in voga negli anni, un po’ per necessità e un po’ per principio i Salentini sono rimasti nel tempo legati ai propri prodotti .
L’olio di oliva e il grano sono tra i diversi prodotti agricoli quelli su cui la tradizione gastronomica Salentina ha costruito il suo patrimonio culinario. Il primo, non certamente sostituibile con qualsiasi altro grasso è da considerarsi il toccasana di ogni pietanza; per il secondo non ci sarebbero termini adatti per poter descrivere la sua importanza culinaria, economica e sociale negli anni per gli abitanti del Salento. Seminato in terre aride e cresciuto sotto un sole cocente , il grano della nostra terra ha per gli abitanti un sapore insostituibile per l’elaborazione delle “paste fatte in casa”-orecchiette, minchiareddhi e sagne torte- cosa dire del pane tipico “pucce, vuliate, pizzi e frise” che le nostre massaie impastavano una o due volte al mese e che a secondo della durezza del pane stesso, acquisita con il passare dei giorni negli “stipi”(credenze) veniva utilizzato per diverse preparazioni culinarie! Uno tra i tanti , il“pancotto” (pane duro cotto con una foglia di alloro e condito con un filo di olio di oliva). Niente veniva sprecato, tutt’altro.
Tra le carni, molto usata in passato c’era la carne equina che certo non era quella tenera che tutti oggi ci ritroviamo sulle nostre tavole, poiché il cavallo prima veniva sfruttato per bene nei campi e solo quando troppo anziano per seguire il suo padrone veniva destinato ad altro utilizzo. La carne tuttavia più consumata dal popolo era senza dubbio il cosiddetto “quinto quarto” cioè tutte quelle parti dell’animale che la persone benestanti non acquistava e che di conseguenza rimanevano al proprietario dell’animale che ben si guardava dal buttare,come ad esempio le animelle,il fegato, la milza, il rognone, la cervella, la trippa ecc. Queste parti sono entrate a pieno titolo in diverse preparazioni tipiche della nostra cucina , il più conosciuto è senz’altro lo”gnomareddho” tipico di ogni singolo paesino del Salento. Altre specialità tipiche sono il sanguinaccio (sangue cotto con pezzi di lardo), salsicce, “tordi” gelosamente cacciati e sapientemente cucinati in salsa.
I formaggi sono tra le maggiori specialità del territorio. Come ogni popolo contadino che voglia creare dispensa per tempi più duri ecco che avviene la trasformazione del latte in formaggio e la relativa stagionatura con accurata salatura e passate in olio. Nel nostro territorio prevale il latte di capra e pecora con logica conseguenza di produzione di ottimi caprini e pecorini. Una delle curiosità gastronomiche di altri tempi è il cosiddetto “taglio” del formaggio grattugiato con del pane secco grattugiato che veniva spacciato come addolcitore del formaggio , ma che in fondo serviva anche per risparmiare quello che una volta era un alimento pregiato.
Che dire del pesce , l’alimento che per la sua caratteristica nutrizionale ha bilanciato la dieta salentina. Ovviamente la tradizione tipica ha visto ampio consumo di pesce “azzurro”, poco costoso” ma ricco di “lisina” che senza saperlo ha abbassato il colesterolo a intere generazioni passate. Anche in questo caso uno dei piatti di tradizione è un preparazione nata per conservare a lungo il pescato, il pesce “a salsa” (pesce infarinato e fritto condito con aceto, menta e aglio) oppure la “scapece” Gallipolina di origine araba con aggiunta di zafferano.
Il salento è anche entroterra , perciò si consumano tanti ortaggi freschi – cicorie, finocchi, sedano e “pestanache” carote tipiche con un sapore straordinario; ma anche ortaggi e legumi cotti, tra i più conosciuti la “pignata” che prende il nome dal contenitore in terra cotta nel quale venivano cotti i legumi. Tra dolci e frutta si finisce per elencare i “purceddhuzzi” impasto dolciastro a forma di gnocchetto, fritto e colato di miele e senz’altro i fichi secchi farciti con finocchietto e mandorle.
Non tutto compare in queste poche righe, non me né vogliate ma non voglio togliervi il gusto di scoprire altre preparazioni tipiche che il nostro territorio offre.
Autore: Gabriele Ferro
riporto l’articolo pubblicato sull’opuscolo 2007 di TorreVado.info per chi non avesse avuto i piacere di leggerlo.
Saluti Pantaleo