04 Novembre 2008 | Autore: Pantaleo | Salve
LA MASSERIA DON CESARE – Prima Parte (di Fabrizio Manco Architetto )
Crolla un mito dei nostri luoghi: questa volta i pirati siamo noi
Cos’è che trasforma l’uomo? Come e, soprattutto, perché cambiano i suoi sentimenti?
Le risposte a questi interrogativi emergono dalle macerie di una delle costruzioni simbolo dell’architettura rurale dei nostri luoghi: la torre cinquecentesca della masseria Don Cesare, crollata circa un anno fa sotto i colpi della spietata indifferenza di un uomo trasformato, cambiato dalla storia e dagli eventi.
L’uomo di oggi ha permesso che l’incuria, il degrado, il tempo padrone del destino di tutto e di tutti, ci privassero di un bene prezioso, antico quanto le nostre genti che lo hanno saputo difendere per secoli dalla barbarie, ma che l’uomo di oggi avrebbe potuto e dovuto proteggere dall’attacco di noi stessi, gli stessi pirati di cinque secoli fa.
La torre per una masseria fortificata è tutto: lo era in origine, lo è ancor di più oggi che il cemento si è impadronito della nostra vita, gettando nell’oblio i tesori più belli. E adesso? Inutile pensare ad una ricostruzione: gli interventi di demolizione e ricostruzione riguardano l’edilizia senza valore, fatta di corpi che si riproducono per creare una ricchezza senza futuro, una pura illusione. L’edilizia senza tempo è la vera nostra ricchezza, quella autentica, insostituibile, ma spesso incompresa.
Della masseria “Don Cesare” rimane solo da difendere un sito e la sua memoria, che ci raccontano la storia delle nostre campagne, esposte alle continue incursioni piratesche, di gente disperata che sapeva soffrire e difendere tutto ciò che possedeva per vivere: questo era l’uomo di ieri, i suoi sentimenti dettati dal suo spirito di adattamento ad una realtà spesso scomoda e sfavorevole. L’uomo di oggi, invece, seduto in poltrona, dimentica, lascia scorrere il tempo senza averne paura e attende che un triste evento lo condanni.
Ricordiamoci, attraverso poche righe, degli eventi storici che hanno scandito l’esistenza della masseria Don Cesare.
Situata a poche centinaia di metri dal mare, nelle vicinanze della litoranea Gallipoli – S. Maria di Luca tra i siti di Pescoluse e Torre Pali, la masseria fortificata “don Cesare” sovrasta quel tratto di litorale costiero che attualmente viene denominato col termine “la Cabina” per via della presenza di una cabina, costruita verso la fine degli anni ’30, per il controllo della bonifica delle paludi del comprensorio. Questa masseria, infatti, era anticamente conosciuta col termine “delle Paduli”; poi, fu acquistata verso la metà del XVII° secolo dal nobile siciliano don Cesare de Franchis, trasferitosi da Palermo a Salve dove, nel 1648 aveva sposato Lucrezia de Notaris e da quel momento cambiò nome, al pari del territorio ricoperto di macchia mediterranea che la circondava. Don Cesare aveva rilevato la masseria dal Principe Gallone di Tricase, a sua volta acquirente del bene nel 1648 dal precedente proprietario avv. Giustiniano Valentini.
La masseria doveva consistere di un insediamento rurale precedente alla costruzione della torre e databile al XIV° secolo: di questo oggi non rimane nulla. Una immagine degli anni 80 mostra alcune parti di antiche mura, in stato di abbandono, realizzate in pietrame irregolare e terra rossa e ubicate all’interno del cortile. Lo stato attuale dei luoghi evidenzia chiaramente la presenza di opere murarie in conci di tufo molto recenti e successivamente abbandonate, che hanno addirittura rimpiazzato le antiche mura dei vani originari. Uno scempio dopo l’altro fino al definitivo crollo della torre!
A parte queste superfetazioni, si è in buona parte conservato il recinto murario in pietrame, che in origine cingeva le costruzioni originarie (fienili e granai, scuderie e stalle, forni, ecc..) alle quali fu affiancata, solo a partire dal XVI secolo, la torre di difesa allo scopo di contrastare il terribile flagello delle scorrerie dei pirati Turchi ed Algerini, nonchè i furti di bestiame.
Continua Domani …. Seguiteci
Colgo l’occasione per ringraziare l’Architetto Fabrizio Manco che gentilmente ci ha autorizzato a pubblicare tale lavoro.
Ricordi dei tempi che furono, storia del nostro passato, cultura di una popolazione e poi nulla più.
Come al solito i gradi personaggi della nostra politica dichiarano cose grandi per le loro campagne politiche e poi ecco cosa ci rimane solo ruderi che con il tempo avvenire nessuno ricorderà più.
Mettersi una mano sulla conoscenza e pensare a cosa di buono veramente si è fatto.
I più bei tesori del Nostro Sud vanno scomparendo, quali i nostri ricordi visivi?
” Amare il Salento è amare se stessi” pensiamoci di più a questa spendida frase………..
Salve a tutti chi legge quanto scrivo vorrei un vostro giudizio in merito..io sono un tradizionalista di natura , delle volte i sogni le nostre idee i sentimenti le nostre tradizioni no e poi cosi facile di mantenerle purtroppo..
Come o detto sono un tradizionalista e sono daccordo con Nadia quello che Nadia scrive e bello . ma oggi non e come tre quattro Secoli fà che il Padrone gli veniva l’idea di fare dei monumenti era possibile per loro, perche la manodopera la avevana quanta ne volevano per una manciata di pane…. se l’avevano ancora un manciata di pane , cio’é era shiavitu si avevano dei schiavi al servizio dei Padroni….
Oggi mantenere queste opere del passato non penso che é cosi facile, perche oggi la gente che lavora bisogna pagarla … le nostre Comuni lo sappiamo tutti non anno molte risorse, allora come si fà a ristrutturare tutte queste opere del nostro passato. i nostri sogni purtroppo restano solo sogni purtoppo..
Nicola Simone