02 Luglio 2009 | Autore: Anna Maria Ciardo | Puglia
L’olio d’oliva made in Puglia
Dal 1° luglio 2009 entra in vigore l’obbligo di indicare in etichetta l’origine delle olive impiegate per produrre l’olio vergine ed extravergine di oliva.
E’ il Regolamento (CE) 182 del 6 marzo 2009, che modifica il Regolamento (CE) 1019/2002, e grazie al quale non sarà più possibile spacciare come ‘made in Italy’ l’extravergine ottenuto da miscugli di olio spremuto da olive spagnole, greche e tunisine, senza alcuna informazione chiara e trasparente.
L’estensione dell’obbligo di indicare in etichetta l’origine delle olive impiegate per produrre l’olio extravergine di oliva in tutti i Paesi europei è una risposta coerente alla necessità di garantire la trasparenza alle scelte di acquisto dei consumatori comunitari e di combattere le truffe.
Un momento storico importante secondo il Presidente della Coldiretti Puglia, Pietro Salcuni, che dà il benvenuto alla nuova etichetta dell’olio d’oliva.
Per dare il giusto risalto all’evento sono state avviate diverse iniziative a Bari e non solo. A Bari una intera giornata su Piazza San Ferdinando, dove il medico nutrizionista, Adele Granieri, ha illustrato le proprietà salutistiche dell’olio, mentre un assaggiatore ha effettuato il panel test dei differenti oli presenti in piazza. Una estetista ha utilizzato creme a base di olio d’oliva per i massaggi alle mani, mentre i ristoranti ‘La Pignata’ (Corso Vittorio Emanuele II, 173), ‘Lo Sprofondo’ (Corso Vittorio Emanuele II, 111), ‘Pizza e altro’ (Viale Salandra, 9) e ‘Terranima’ (Via Putignani, 213/215) hanno proposto un intero ‘menù a Km0’, le cui pietanze sono state esaltate ed hanno esaltato il sapore e le caratteristiche organolettiche degli oli extravergine pugliesi.
“La norma per l’indicazione di origine in etichetta – dice il Direttore della Coldiretti Puglia, Antonio De Concilio – consente di verificare la reale origine delle olive impiegate e, quindi, anche di valorizzare gli oliveti pugliesi che possono contare su 60 milioni di piante, molte delle quali secolari o situate in zone dove contribuiscono ad arricchire il paesaggio rurale e l’ambiente. Il comparto olivicolo-oleario è uno dei settori più colpiti da frodi e sofisticazioni in Puglia.
Nonostante il riconoscimento comunitario per 5 oli DOP (Denominazione d’Origine Protetta) al ‘Terra di Bari’, ‘Terra d’Otranto’, ‘Dauno’, ‘Collina di Brindisi’ e ‘Terre Tarentine’ ed una produzione pari a 11 milioni di quintali di olive ed oltre 2,2 milioni di quintali di olio, sono circa 500 i milioni di litri di olio di oliva importati ogni anno per essere miscelati con quello italiano ed in particolare con quello pugliese, dato che l’incidenza della produzione olivicola regionale su quella nazionale è pari al 35% e al 12% su quella mondiale”.
La Coldiretti si è battuta strenuamente per impedire lo sfruttamento dell’immagine delle zone tradizionali di coltivazione o allevamento da parte di alimenti a base di prodotti agricoli provenienti da migliaia di chilometri di distanza da quanto indicato sulle confezioni ed evitare ogni tipo di sofisticazione, ovvero che prodotti di dubbia provenienza vengano spacciati per prodotti di qualità, quando di qualità non sono, e che si utilizzino i marchi ‘made in Italy’, o peggio ‘made in Puglia’ per prodotti che non hanno nulla a che fare con il nostro territorio.