16 Agosto 2011 | Autore: raffy | Notizie Morcianesi
Articolo: Don Antonio Ciurlia, nuovo parroco di Morciano
Dal supplemento di “Notizie morcianesi” del 15 Novembre 1987 – Pagina 1
La sostituzione di un parroco in un paese delle dimensioni di Morciano, costituisce un evento storico. Il nostro monisgnor Pippi, dopo decenni di apostolato, è andato in pensione. Domenica 18 Ottobre in una cerimonia suggestiva, alla presenza del vescovo, il vecchio parroco ha dato l’addio ai Morcianesi e sotto i suoi spessi occhiali è spuntata qualche lacrima, così come sotto gli occhi di tanta gente alla quale don Pippi era legato da decenni.
Ma nella vita gli addii, pur dolorosi, sono di breve durata soprattutto se, come in questo caso, il posto viene preso da un prete con energie più fresche da spendere per Morciano.
Si chiama Don Antonio Ciurlia, è nato a Taurisano nel 1940, ed è sacerdote dal 1972. E’ astato viceparroco a Taurisano e negli ultimi anni ad Acquarica. E’ l’ultimo di una famiglia di otto figli. Queste notizie di carattere personale le abbiamo cavate fuori coi denti, quando ci siamo recati per una intervista nella quale ha preferito parlare del piano di lavoro su Morciano.
Quello che colpisce in questo prete, è la puntualità nell’esposizione, a volte eccessiva come quando quasi con stizza ci ha ripresi sull’uso del termine “cambio di guardia” da noi usato a proposito dell’avvicendamento nella direzione della parrocchia. “La guardia dà l’idea che non è quella del pastore delle anime” ci ha detto “e inoltre l’azione pastorale di un parroco viene continuata dal successore”.
Una bacchettata sulle dita anche a proposito dell’uso, secondo don Antonio improprio, del concetto del prete che va in pensione: “Un sacerdote rimane tale fino ala fine dei suoi giorni, anche se non ha la responsabilità di una parrocchia”.
Ma questa impressione inziale di pignoleria si è dissolta man mano che il colloquio è andato avanti. Non potevamo non far presente al nostro parroco lo scollamento che esiste, nel nostro come in altri comuni, tra società e Chiesa. Ha ammesso con grande franchezza la difficoltà che la chiesa incontra nella società italiana, anzi ha precisato che in Italia il prete è come in una terra di missione. “Tuttavia -ha aggiunto- queste difficoltà rafforzano la volontà di un sacerdote di venire in una comunità per portare la voce di Dio con la parola e la testimonianza. Il settore d’azione è molto ampio e la priorità va data ai giovani, al mondo della scuola, agli anziani, agli handicappati ed emarginati”.
Ed ecco come la pensa don Antonio circa le questioni della politica amministrativa: “Non importa che in Morciano l’Amministrazione sia di sinistra. Mi interessa l’uomo, non il suo credo politico. Ho già avuto un colloquio col sindaco che è comunista, e gli ho espresso le mie vedute: tu sei autorità politica e io religiosa, e abbiamo lo stesso obiettivo, di fare il bene collettivo anche se con mezzi differenti. Il prete non deve interessarsi di politica ma dell’annuncio evangelico, il pastore deve orientare i fedeli a una scelta saggia dei governanti: scegliete in buona fede le persone che meglio vi aggradano.”
E su questa equidistanza sulle questioni politiche c’è da credergli: in Acquarica e Taurisano non si sono avuti sospetti di ingerenza da parte di Don Antonio.
Dalle pagine di questo giornale ci ha incaricato di rivolgere un messaggio:
“Ci sono delle esigenze immediate per la nostra parrocchia, perchè il parroco possa svolgere la propria missione in favore della comunità. La prima, carenza di locali per la catechesi: non chiedo la costruzione di palazzi, ma aiutatemi a ristrutturare la casa canonica, dove vivrò solo e dove mi basta una stanza per dormire. Gli altri locali voglio metterli a disposizione dei giovani. Per il momento ho incominciato con le mie mani a intonacare, stuccare, pitturare, e ho bisogno dell’aiuto di volontari per portare avanti il lavoro. Chiedo un aiuto agli amministratori e ai cittadini interessati al bene dei loro figli. Da parte mia, rinuncio alle comodità di una grande casa per darla ai giovani”.
La seconda: “I locali della sagrestia sono inadeguati per svolgere un minimo di apostolato. Mi hanno detto che alle spalle ci sono dei locali chiusi da tempo, chiedo la disponibilità di uno spazio sufficiente per un piccolo ufficio, che è il minimo perchè un parroco possa lavorare”.
Il colloquio è durato a lungo e ha toccato molti temi. Tentare di farne un resoconto ci porterebbe via uno spazio che in questo numero non abbiamo. A noi è piaciuta l’immagine di questo prete che come un qualsiasi povero cristo, non avendo i soldi per riparare la casa, si arma di malta, mattoni e stucco e fa da solo. E l’immagine della Chiesa migliore (quella povera) e come tale vicina alla gente.
Franco Sanapo.