13 Ottobre 2016 | Autore: Anna Maria Ciardo | Puglia
Pezzetti di gusto e bontà che in passato hanno arricchito le dispense delle nostre massaie e addolcito il palato di grandi e piccini. Fino agli anni sessanta la preparazione della cotognata rappresentava una fetta importante dell’agroalimentare Leccese ma anche una consuetudine che rientrava nell’ambito delle conserve a produzione familiare e casalingo. La coltivazione del cotogno infatti, era molto diffusa nel Salento in particolare nella zona a sud ovest di Lecce il cui terreno era particolarmente adatto; ma la pianta era presente e molto curata in tutta la provincia fino al capo di Leuca. La si trovava sovente lungo i margini dei terreni coltivati o nei giardini dei palazzi e delle case a corte, ma soprattutto si coltivava all’interno delle masserie in campagna dove l’albero di cotogno era una presenza costante e necessaria.
Attualmente non esiste più una coltivazione sistematica e specializzata dell’albero di cotogno ma solo sporadiche piantagioni, alberelli sparsi per le campagne salentine e sufficienti, per ora, a soddisfare la richiesta del mercato.
La pianta del cotogno probabilmente proviene dalla regione del mar Caspio ed ha origini molto antiche, è una delle piante da frutto più antiche che si conoscano: la coltivavano i Babilonesi circa 4000 anni fa, per i greci il suo frutto era sacro alla dea Afrodite mentre i Romani lo consumavano accompagnandolo con il miele o ne ricavavano una bevanda propiziatoria per l’amore e la fecondità. Sin dalle origini la mela cotogna era apprezzata non solo per la sua prelibatezza, ma anche per le sue proprietà terapeutiche nella cura dei malesseri legati all’apparato digerente e all’intestino; era utilizzata anche per ricavarne unguenti e bevande per la cura della bellezza. Il profumo del suo frutto intero e ben maturo spesso inondava i cassetti e la biancheria ma anche le cantine durante la fermentazione del mosto.
Gli alberi di melo cotogno generalmente non raggiungono grandi altezze (4 o 6 metri); i fiori solitamente sbocciano in primavera e ricordano molto i boccioli di una rosa, ma sono più semplici e delicati, di color bianco rosato. I frutti che compariranno dopo qualche mese, hanno solitamente la forma di un pomo (alcune varietà di un pero) e giungeranno a maturazione tra settembre ed ottobre, periodo in cui avviene la raccolta e la relativa trasformazione in marmellate e cotognate.
La mela cotogna si presenta come un frutto abbastanza duro anche quando è maturo, di colore giallo e ricoperto da una peluria che strofinandola va via facilmente. Non si consuma crudo perché molto acidulo e aspro, ma cotto o in abbinamento ad altri frutti è di una consistenza e fragranza che non hanno eguali. Nel Salento la marmellata più conosciuta e apprezzata è la famosa cotognata Leccese.
La ricetta della cotognata Leccese
Ingredienti:
1 kg di mele cotogne (la polpa già cotta)
500/600 gr. zucchero
limone 1 limone per kg di mele cotogne crude
acqua
Prendere le mele cotogne ben mature (lasciandole in cantina per alcuni giorni e matureranno naturalmente) e lavatele accuratamente; non andranno sbucciate ma strofinate bene per toglierne la peluria, tagliatele a pezzi, togliete i torsoli e le ammaccature da insetto, ponetele in una casseruola capiente, aggiungete pezzi di limone (solitamente uno per chilo) e copritele di acqua. Il liquido non deve superare il livello della frutta. Cuocete il tutto molto lentamente avendo cura di girare con un mestolo di legno per evitare che qualche pezzo si attacchi al fondo. Cuocendo il composto si ammorbidisce e inizia a prendere colore e ad imbrunirsi. A questo punto togliere i pezzi di limone, passare la polpa ottenuta al setaccio oppure con il frullatore ad immersione; aggiungere circa 500-600 gr. Di zucchero per ogni kg di polpa e continuare la cottura fino a quando il composto non si staccherà dalle pareti della pentola. Quando la cotognata è ancora calda la si può versare nelle formine precedentemente oleate, potete stenderla su carta da forno avendo cura di livellare con la spatola in modo da avere una superficie il più liscia possibile e lasciarla raffreddare. Si possono ricavare dei cubetti da inzuppare nello zucchero o confezionarli con la carta oleata come delle caramelle. La cotognata si conserva per diversi mesi in luogo fresco, avendo cura di coprirla con la pellicola e di chiuderla ermeticamente in un recipiente di vetro.
Essendo una preparazione “artigianale” la ricetta della cotognata varia a seconda dei gusti e della tradizione della famiglia o del luogo di provenienza. Alcuni procedimenti vogliono la cottura delle mele intere, altri pesano le mele tagliate a pezzetti e ancora crude quindi aggiungono lo zucchero in base a questo peso; altri ancora consigliano di togliere completamente la buccia, ma facendo questo, a nostro modesto parere, si priva cotognata di quella consistenza granulosa tipica delle preparazioni fatte in casa. Se invece preferite invasare e utilizzarla come marmellata da spalmare o per preparare fruttoni e crostate, è sufficiente fermare la cottura quando il composto non è molto denso. I vasi precedentemente sterilizzati vanno riempiti caldi e non fino all’orlo, chiusi ermeticamente e lasciati riposare in luogo fresco e asciutto.
Anna Maria Ciardo