03 Ottobre 2018 | Autore: Pantaleo | Morciano di Leuca , Salento
Sommario
Leuca Piccola, penultima tappa sul cammino Leucadense
A Barbarano del Capo, un piccolo centro abitato all’estremità del Salento, si trova uno dei complessi monumentali più conosciuti del territorio, quello di Leuca Piccola o Santa Maria di Leuca del Belvedere.
Un posto unico nel suo genere, un’autentica scoperta per chi cederà alla curiosità di fermarsi, strappando una manciata del proprio tempo alle corse quotidiane che portano su percorsi sempre più frettolosi e disattenti.
Snodo centrale e crocevia degli antichi tratturi che solcavano in lungo ed in largo il Salento, Leuca Piccola rappresentò per secoli il punto di arrivo sulla strada del pellegrinaggio mariano verso de finibus Terrae: penultima tappa, la più desiderata di tutto il cammino, attraverso la quale i pellegrini pregustavano già la felicità e la soddisfazione per la conquista della meta finale, il Santuario di Santa Maria di Leuca.
I pozzi del Salento, la sosta alla ricerca dell’acqua
Quasi certamente, come sempre è accaduto nella storia dell’uomo, la presenza di tre grandi pozzi di acqua fresca e dolce, contribuì in modo fondamentale allo sviluppo del sito, non solo luogo di ritrovo quotidiano per la gente del piccolo borgo di Barbarano, ma anche fonte di rifornimento prezioso per i numerosi viandanti. Sulle orme di chi aveva già percorso la via Leucadense, i pellegrini erano a conoscenza che la candida e bella Leuca adagiata sulle bianche rocce, di acqua non ne aveva.
I tre grandi pozzi furono scavati in epoca più antica, intercettando la ricca falda di acqua sorgiva in un pianoro di natura carsica; ci troviamo infatti a pochi passi dalla Vora Grande, l’inghiottitoio naturale dalle cui profondità ancora oggi si può ascoltare lo scorrere lento dell’acqua verso i profondi meandri bui e sotterranei della terra.
Ed i pozzi di Barbarano erano molto generosi e le soste dei pellegrini sempre più frequenti.
Non ci sono pervenuti molti documenti circa la via Leucadense ma sappiamo che il culto per la Madonna di Leuca nacque, con ogni probabilità, nel Medioevo per intensificarsi nel XVII secolo quando, secondo le fonti, i pellegrini per Leuca erano migliaia ogni anno e provenivano da ogni parte d’Italia e d’Europa. Ciò che sappiamo per certo è che lungo le varie direttrici che conducevano all’estremità del Salento, il viandante poteva fare sosta e trovare ospitalità e ristoro presso piccoli centri, a volte monasteri, in cambio di denaro o piccoli lavori. Ne sono una testimonianza il vicino Convento dei Carmelitani a Morciano di Leuca ed il Complesso di San Francesco a Gagliano del Capo a due passi da Leuca.
A Barbarano era prevista una di queste piccole tappe dove nel corso del XVI secolo, probabilmente sui resti di un antico e precedente luogo di culto, fu eretta la chiesetta insieme agli ambienti retrostanti: la chiesetta di Leuca Piccola, l’edificio che riproduceva in scala ridotta, la facciata del Santuario di Leuca.
Il Barone Capece e la sua idea di ospitalità nel Salento
Ma la vera svolta per il piccolo sito di Barbarano si ebbe nel 1685 con il Barone Capece, il sacerdote Don Annibale il quale animato da un profondo spirito religioso, ma spinto anche da un forte desiderio di dare maggior lustro alla propria casata, volle realizzare questo complesso, un’autentica opera di accoglienza ed ospitalità che segnò un periodo di importante popolarità per questo piccolo borgo all’estremità del Salento.
Il Barone Capece non si risparmiò nel commissionare i lavori di ampliamento del sito e riuscì perfettamente nel suo intento che era quello di destare meraviglia, stupore e gratitudine nel cuore di ciascun pellegrino.
Con la lungimiranza di un ottimo “imprenditore” questo piccolo punto di sosta e di preghiera divenne qualcosa di più grande. Furono realizzati il pronao in stile neoclassico, le botteghe, la locanda, i locali con le mangiatoie per il ricovero degli animali, il maniscalco, le scuderie, gli ambienti sotterranei per dormire; le meravigliose arcate con l’imponente porta centrale racchiudevano l’intera piazza come un grande abbraccio.
Sul lato ovest della chiesa, a ridosso delle distese di pregiati vigneti autoctoni, pare ci fosse un antico palmento di cui oggi però non c’è traccia; il passaggio della “moderna” strada provinciale ha sacrificato nel tempo tre delle dieci arcate esistenti interrompendo l’armonia dell’intera piazza.
Dell’intero complesso attualmente rimane la chiesa con il pronao, sette delle dieci arcate, diversi locali adibiti a mangiatoie, l’antica officina del maniscalco; i vecchi locali destinati alle botteghe, oggi ormai in disuso, conservano ancora la struttura edilizia di un tempo… ingressi ad arco, volte a stella o a botte, anche tetti piani con il classico sistema di raccolta delle acque, oppure piccole coperture a spiovente ricoperte da coppi o irmici (tegole in terracotta). Tra le rovine dell’antica locanda si ergono ancora i resti dei comignoli che svettano verso il cielo, quasi a voler sfidare l’oblio dell’inesorabile scorrere del tempo.
Il restauro voluto dal Comune di Morciano, che nel frattempo ha acquisito gran parte del complesso, ci ha restituito parte della bellezza e del fascino di un bene storico-culturale senza eguali.
L’importanza del complesso, dalla sua costruzione e per i decenni successivi, si rivelò un’opera di notevole successo: per gran parte dell’anno, il piccolo centro di Barbarano brulicava di gente, era un viavai di pellegrini, mercanti, cavalli, asini, operai, contadini, cuochi e garzoni. Era diventato un punto di sosta così importante da confondere i viandanti i quali, di fronte alla maestosità del posto, riprendevano soddisfatti il viaggio di ritorno, convinti di essere arrivati alla meta. Ne nacque una controversia tra le due diocesi di appartenenza, Ugento ed Alessano, che si risolse solo con l’intervento del Vaticano e la conseguente, diplomatica decisione, di dare al complesso Santa Maria di Leuca del Belvedere, Leuca Piccola per distinguerla dal Santuario di Santa Maria di Leuca.
Ma, come spesso accade, anche per questo monumento arrivò il periodo della decadenza. Molti degli edifici furono adibiti ad altri scopi. La chiesa, ormai sconsacrata, divenne prima la fucina per la vicina officina, in seguito il deposito per la paglia dei pastori. Gli ambienti ipogei si rivelarono invece un ambiente ideale per la conversione in frantoi destinati alla molitura delle olive. Tra tutti l’attività del maniscalco è giunta sino ai giorni nostri, sopravvissuta alla storia sino a pochi anni fa con l’ultimo suo protagonista, mastro Fanciullo Giovannino, per tutto il capo di Leuca Mesciu Giuvannino.
Parte del complesso monumentale fu acquisito dal comune di Morciano di Leuca negli anni ottanta. Grazie alla perseveranza del sindaco Cesare Daquino ed il suo amore per la storia del proprio paese, questo piccolo tesoro ora appartiene a tutti: l’accurata opera di restauro ha permesso di rivedere gli affreschi della chiesa, tutelare l’ipogeo, salvaguardare le splendide arcate, mentre la suggestiva illuminazione serale restituisce all’intera piazza parte del suo grande fascino.
Possiamo visitare il complesso di Leuca Piccola?
L’intero complesso e la vicina Vora si possono visitare durante tutto l’anno. Nei mesi estivi le aperture pomeridiane sono garantite tutti i giorni, mentre durante i mesi invernali solitamente solo i festivi e su richiesta anche durante la settimana. Attualmente della gestione del Complesso si occupa l’Associazione Pro Loco Torre Vado e per le visite guidate, anche nel territorio, l’Associazione Arches di Marco Cavalera guida turistica abilitata dalla Regione Puglia.
Ogni anno il primo di maggio si celebra la festa della Madonna di Leuca Piccola, come da tradizione la grande fiera mercato che apre le porte all’estate, è un evento ormai atteso in tutto il capo di Leuca.
Nei giorni che precedono la Pasqua, come vuole la tradizione locale, è consuetudine allestire i “Sabburchi” (i Sepolcri) con l’esposizione della Croce e i simboli dell’Eucaristia avvolti da una nuvola di piante dalle foglie bianche (coltivate per 40 giorni al riparo dalla luce).
Il complesso di Leuca Piccola è stato di recente inserito anche nei cammini delle Vie Francigene -Leucadense e quindi meta di tanti pellegrini e camminatori appassionati.
Arrivano a Leuca Piccola camminatori solitari, gruppi di preghiera, compagnie di bikers e motoclicisti, cultori del trekking lento e patiti di jogging che non rinunciano mai alla piccola sosta alla fontanella.
Visitiamo ora insieme il complesso monumentale di Santa Maria di Leuca del Belvedere.
Osservando dall’esterno la struttura della chiesa, ci si rende subito conto di essere di fronte ad un edificio antico la cui facciata, in tempi successivi, è stata incorporata dall’austero pronao neoclassico. La chiesetta risalente al XVI secolo, probabilmente eretta su un preesistente luogo di culto destinato a San Lazzaro, era composta dal corpo principale ed altri due o tre ambienti destinati a sacrestia e alloggi per i religiosi. Le piccole finestre visibili dall’esterno rendono l’idea della originaria grandezza dell’edificio che attualmente è in parte di proprietà privata: la parte acquisita dal Comune comprende la chiesa ed uno solo degli ambienti retrostanti.
Cerchiamo dunque di immaginarci il sito prima dell’opera di “ammodernamento” voluta dal Barone Capece a partire dal 1685. Immaginiamo il crocevia di sentieri che in questo punto confluivano per dirigersi verso il capo di Santa Maria di Leuca: piccoli passaggi tra una campagna e l’altra delimitati da muretti a secco, solcati da profondi tratturi e alternati da punti di sosta, come quello di Leuca Piccola. Qui sorgeva la chiesetta dallo stile sobrio il cui prospetto riprendeva in proporzioni ridotte, quello del Santuario di Leuca prima della sua ennesima distruzione nel XVII; il Santuario che oggi ammiriamo a Leuca infatti, è quello ricostruito, a partire dal 1720 dal Vescovo Giannelli, che lo volle realizzare in modo da non farla sembrare una chiesa ma una fortezza, austera ed inespugnabile.
La chiesetta di Leuca Piccola rispecchia le tipiche costruzioni fortificate dell’epoca, una chiesa-torre destinata alla salvezza dell’anima ma anche luogo di riparo in caso di incursione. La scala interna, stretta e ripida, porta all’ambiente del piano superiore, una sorta di capanna dotata di feritoie e finestre protette da grate, il tetto a doppio spiovente con trave centrale in legno e cannizzo. Dal terrazzo che sovrasta il pronao, oltre al meraviglioso belvedere è possibile ammirare da vicino il prospetto originario della chiesetta, un quadro d’insieme di incantevole bellezza nella sua disarmante semplicità.
Ritornando al piano terra, l’ambiente si presenta ad un’unica navata le cui pareti originariamente non erano affrescate; in seguito al restauro degli anni 80 è emersa una sinopia di quello che doveva essere la rappresentazione del quadro della Madonna di Leuca, probabilmente l’immagine più antica pervenutaci ad oggi. Nel locale retrostante adibito a sacrestia di particolare pregio è la chiave di volta e le “mpise” modellate in carparo locale, una pila per le oblazioni del sacerdote e i due confessionali (uno per lato) interamente scavati nelle pareti: quella dei confessionali è uno degli elementi più interessanti dell’intero complesso e che raramente troviamo in altre chiese dove solitamente si presentano chiusi ed in legno d’ulivo.
Sulle pareti si possono ammirare anche una serie di affreschi settecenteschi in gran parte recuperati con il restauro. Sulla parete frontale ai due lati della sinopia mariana, si possono ammirare San Francesco da Paola e San Leonardo con le sue catene. Queste due opere appartengono probabilmente allo stesso artista. Gli affreschi delle restanti pareti e della volta sarebbero di manifattura diversa. Si riconoscono in successione San Gennaro con l’ampolla, Santa Lucia, San Pasquale de Baylon, San Lazzaro con la sua borsa, Santa Barbara, due figure non riconoscibili, Santa Marina e Sant’Oronzo. Sulla volta gli affreschi dei quattro Evangelisti colpiscono per la loro pregevole fattura.
Accanto alla porta di ingresso l’acquasantiera è stata ricavata da un antico capitello rinvenuto nelle vicinanze e quindi non attinente al complesso. Sulla porta di ingresso, al di sotto del pronao l’originaria finestra che dava luce alla parete frontale, è stato sostituita dallo stemma della casata dei Capece, il leone rampante, ed il resto della facciata affrescato anch’esso con temi religiosi.
Dove dormivano i pellegrini?
All’esterno della chiesa all’ombra di un maestoso albero di carrubo, una rampa conduce agli ipogei, degli ambienti sotterranei ricavati scavando intorno ai pozzi già esistenti; nel loro interno si possono ammirare le nicchie che i pellegrini utilizzavano per riposarsi, i grandi pozzi dove i pellegrini attingevano l’acqua, gli incavi anneriti dal fumo delle lampade ad olio. Un lungo corridoio sotterraneo attraversa tutto il versante della strada per intercettare il terzo pozzo, quello meno profondo ma ugualmente maestoso. Dai tre pozzi era possibile attingere l’acqua sia dall’esterno che dall’interno degli ipogei dove le bocche erano state prolungate.
In questi ambienti, ai quali si accedeva percorrendo la rampa di ingresso (oggi una scalinata) spesso in compagnia dei loro animali, i pellegrini trovavano una temperatura costante che rendeva il riposo fresco in estate e confortevole in inverno.
Tutta la piazza al servizio del pellegrino
Risalendo e portandoci nuovamente sulla piazza, la nostra attenzione si posa sulle pareti delle grandi arcate dove oggi possiamo ancora scorgere delle croci incise dai pellegrini durante la loro sosta, forse per lasciare un segno del loro passaggio o per il bisogno di segnare sulla pietra una loro preghiera.
Il grande arco sormontato da una pregevole decorazione, dava l’accesso all’ampio spazio dedicato alla fiera degli animali, uno degli eventi più importanti che si alternava durante l’anno fondendosi con il flusso frequente dei pellegrini.
Oggi la piazza è avvolta dal silenzio mentre un tempo brulicava di gente. Le scuderie erano piene di cavalli e di asini, il maniscalco era perennemente occupato a ferrare cavalli o riparare le ruote dei carri; i commercianti pronti a smerciare le loro mercanzie ed i locandieri si affaccendavano a preparare i pasti caldi accompagnati dall’ottimo vino locale, ovviamente per i pellegrini che se lo potevano permettere. Nella chiesa c’era sempre qualcuno raccolto in preghiera ed un religioso pronto a dare sostegno.
Quante epigrafi a Leuca Piccola!
Sulle pareti esterne del complesso di Santa Maria di Leuca del Belvedere, possiamo notare diverse epigrafi volute probabilmente dal Barone Capece al completamento dell’opera.
La più curiosa e quella più famosa è senz’altro quella delle 10P. Purtroppo l’originale è stata trafugata ma non cancellata dalla memoria della popolazione locale; in occasione del restauro fu applicata una copia riportante le famose 10 P: Parole Poco Pensate Portano Pena Perciò Prima Pensa Poi Parla. Questa era senz’altro un invito alla moderazione lungo tutto il cammino che prima di tutto era spirituale.
Con un’ epigrafe posta all’ingresso della locanda leggiamo l’invito del Barone Annibale Capece rivolto ai pellegrini di passaggio:
“Ferma il piè passegger
Non dar più passo che qui
Trovi comode rimesse
Don Annibal Capece, il qual ci eresse
Ci destinò pel forestier in spasso”
Sulle pareti del pronao della chiesa, l’epigrafe a tema religioso si presenta un po’ danneggiata dal tempo ma è chiaro l’invito alla preghiera.
All’ingresso degli ambienti sotterranei, l’epigrafe che sovrasta la porta invece recita così:
Don Annibale Capece or mi feconda
Se un tempo sviscerar fece il mio seno;
entra qui, dunque,e ti trattenga almeno
l’ombra, il fresco, la mensa, il vino e l’onda.
Da Leuca Piccola alla Vora di Barbarano
A circa 200 metri dalla Chiesa di Leuca Piccola, imboccando anche a piedi, la stradina che costeggia il retro, si arriva ad una zona completamente recintata. Siamo alla Vora grande un inghiottitoio di origine naturale e che si addentra nelle viscere del terreno carsico tipico del territorio.
La presenza di queste voragini (in dialetto locale Vore), dalle oscure profondità, ha sempre suscitato nella popolazione locale un certo timore; tante le leggende legate alla loro origine voluta dai demoni o quelle associate ad eventi catastrofici. Ogni motivazione aveva come scopo quello di tenere lontani dalle vore adulti e sopratutto bambini.
Gli inghiottitoi sono in realtà due, la vora grande che è visitabile in quanto area comunale appositamente recintata per motivi di sicurezza, e quella piccola ubicata invece in un terreno privato.
La visita a tutto il complesso unitamente alle vore è una delle cose da fare durante la vacanza nel Salento.
Moneta Da collezione Leuca Piccola
Una nuova moneta da collezione di Leuca Piccola – Barbarano del Capo – Morciano di Leuca
“Santuario Leuca Piccola A.D. 1685”
Nome originario : Madonna di Leuca del Belvedere
L’antichissimo plesso sacro rappresentava l’ultima tappa dei pellegrini che si recavano a S.Maria di Leuca, distante pochi km.
Nel suggestivo sotterraneo, potevano riposarsi per la notte.
Dal punto di vista architettonico era la copia in scala ridotta, della Basilica Maggiore di quel tempo. Fu completamente ristrutturata alla fine del XVII secolo. .
Qui, sono riportati i luoghi in cui la moneta è, per ora, Disponibile:
– Museo di Paleontologia e Biblioteca Comunale ” L’ Alca” di Maglie
– Comune di Morciano di Leuca (Le)
– Complesso Leuca Piccola e Parrocchia Barbarano del Capo (Le)
– MUSEO ACHEOLOGICO NAZIONALE DI TARANTO Palazzo Pantaleo – Lungomare Vittorio Emanuele II
– MUSEO NAZIONALE DI EGNAZIA Via Degli Scavi Archgeologici . Savelletri – Fasano (BR)
– Maspas – Casarano (Le)
– Museo Diocesano di Gallipoli
– Museo Diocesano di Otranto
Ricostruito L’antico Pozzo Di Leuca Piccola
È stato ricostruito l’antico pozzo di Leuca Piccola, andato distrutto all’inizio del 2016 a causa di un sinistro stradale. L’intervento è stato effettuato in accordo con la Soprintendenza dei Beni Culturali di Lecce, e con i fondi messi a disposizione dall’assicurazione del veicolo che purtroppo lo aveva letteralmente raso al suolo nell’impatto.
Anna Maria Ciardo