Antichi Popoli del Salento

Ponte tra Occidente e Oriente, proteso nel cuore del Mediterraneo, crocevia di tutti i passaggi e le rotte percorribili nel mondo antico, il Salento è stato abitato sin dall’alba dell’uomo: ogni popolo ha lasciato la propria impronta, di ogni civiltà si possono ammirare ricche testimonianze e incantevoli bellezze, in un gioco prezioso di luci colori memorie tradizioni linguaggi. le Pile di pietraAccanto al Museo Provinciale “Sigismondo Castromediano” di Lecce, altri luoghi protetti conservano gelosamente reperti d’ogni epoca, tutti impegnati con fierezza ad arricchire il proprio patrimonio: è il vaso di Maglie, Gallipoli, Ugento, Cutrofiano, Vaste e l’elenco potrebbe continuare a lungo. Ma ancor più delle raccolte mussali è il paesaggio, il territorio stesso a parlarci direttamente degli antichi popoli che in questo estremo lembo della penisola si sono di volta in volta insediati, dalle grotte preistoriche di Porto Badisco a quelle del Capo di Leuca, dalle mura e necropoli messapiche alle cripte bizantine, dalle fortezze svevo-normanne alle architetture tipiche della dominazione spagnola, per finire ai secoli a noi più vicini.


È certo che ci troviamo di fronte ad un territorio fortemente antropizzato, con segni e interventi che evidenziano radici risalenti al passaggio dal Paleolitico al Neolitico: il Neandertlalensis homo che girovagava nelle foreste della Germania vivendo di caccia e di erbe spontanee, è lo stesso che contemporaneamente ritroviamo in altre parti d’Europa e nelle piane selvagge del nostro Salento. A seguito di una evoluzione naturale e costante, gli ominidi cronologicamente a noi più vicini avrebbero poi dato forma ed armonia al loro senso del mistero e ansia di infinito con specchie dolmen menhir.


Prima ancora che tra l’VIII e il VI secolo a. C. colonie di coraggiosi Greci dessero vita al primo imponente fenomeno di migrazione di popoli nella storia d’Occidente – la spettacolare stagione della Magna Grecia in Sicilia e nell’Italia Meridionale -, i Messapi furono il primo popolo civile a giungere prevalentemente per via mare nel Salento dalle aspre regioni dell’Epiro: a ondate successive, ma con regolare cadenza, moltitudini di arditi coprivano agevolmente la breve distanza tra le due sponde dell’Adriatico per fondare nella regione compresa tra il Capo di Leuca e il territorio a sud di Taranto autentiche città fortificate con mura megalitiche: Vereto, Ugento, Alezio, Vaste, Muro, Roca Vecchia, Rudiae, Cavallino, Manduria, Carbinia, Oria, ecc. In età augustea Strabone avrebbe ricordato ben 13 grossi centri messapici sparsi nel Salento, con tutta probabilità retti da monarchi sul modello delle polis greche ma uniti da una sorta di confederazione per fronteggiare eventuali pericoli esterni. In effetti, quando nel 473 a. C. Taranto, alleandosi con Micito re di Calabria, mosse guerra per conquistare il Salento ed estendere così il proprio dominio fino al Promontorio Iapigio, i Messapi seppero prontamente superare le deboli autonomie cittadine e schierare in campo un esercito capace di battere l’avversario.


Oggi si assiste ad una forte ripresa degli studi e, più in generale, dell’interesse nei confronti di questo popolo avvolto ancora nel mistero; del resto molti aspetti restano ancora nell’incertezza, come la lingua non ancora decifrata, la loro origine non del tutto documentata su basi inoppugnabili. Il loro stesso nome è a noi sconosciuto, se pensiamo che furono i Greci a chiamare questo popolo con il nome di Messapi, per cui a noi sfugge il nome con il quale detta civiltà si autodefiniva.


Non va, comunque, sottaciuto che i Messapi furono un popolo fiero della propria individualità: anche quando nel 266 a. C. (l’anno 487 di Roma) i consoli romani Numerio Fabio Pittore e Decio Giunio Pera assoggettarono definitivamente i Messapi, questo popolo continuò per secoli a mantenere integri costumi e usanze, soprattutto nel culto dei morti e nei sentimenti legati alla religiosità.


Con i Romani il Salento continuò ad esercitare la sua antica naturale vocazione, quella di ponte per il vicino Oriente; fu soprattutto Brindisi a decollare come principale porto per le rotte del mediterraneo orientale, senza per questo che non venisse coinvolto in una ampia politica di investimenti l’intero territorio: nel 109 d. C., ad esempio, l’imperatore Traiano avviò la prosecuzione dei lavori dell’antica Via Appia realizzando la comodissima Via Traiana sostanzialmente a servizio degli ex insediamenti messapici. Lo stesso capoluogo salentino fu dotato di un teatro e di un anfiteatro che proprio recentemente sono tornati in una certa misura all’antico splendore; senza contare che attraverso il sistema dei municipia la civiltà romana riusciva nel giro di poco tempo a garantire la diffusione capillare del proprio diritto e dei propri valori più autentici fin nelle aree più estreme e periferiche.


Seguirono, poi, lunghi secoli in cui nella nostra penisola le istituzioni politiche e di governo si smarrirono del tutto nel buio delle invasioni barbariche e delle loro tremende devastazioni: occorrerà aspettare la fine della Guerra greco-gotica (535-553 d. C.) combattuta in Italia tra Bizantini e Ostrogoti, perché l’imperatore d’Oriente Giustiniano, vincitore su Teia ultimo re ostrogoto, riportasse l’ordine sull’intero territorio italico divenuto nel frattempo una Provincia dell’Impero Romano d’Oriente. Per più di mezzo millennio la civiltà dei Bizantini penetrò in ogni settore della vita e della cultura nella nostra penisola permeandone spiritualità e comportamenti. Del resto, fra tutti i territori italici il Salento fu sicuramente il più “bizantino” , ovvero quello che in maniera più autentica assimilò fin nella stessa dimensione ontologica i valori e le idealità più profonde del vicino Oriente. Persino quando in Italia piombarono popoli stranieri e i Normanni completarono nel 1071 la conquista dell’intero Mezzogiorno, ancora per secoli – ancora per oltre mezzo millennio – la civiltà bizantina continuò comunque a esercitare fortemente la propria influenza nel Salento: Graecia capta cepit Romam si era detto all’indomani del 146 a. C., lo stesso destino si ripeteva per la civiltà bizantina in Terra d’Otranto.


Ai Normanni nel 1194 seguì, fino al 1266, la dominazione degli Svevi, durante la quale l’Italia meridionale visse l’ultima e la più esaltante stagione della propria storia: se la politica e il governo dell’Impero venivano decisi a Palermo sede della massima autorità e della corte, il cuore del suo figlio più grande – Federico II – batteva in Puglia, nelle misteriose architetture di Castel del Monte oppure fra le tante fortezze fatte costruire con ritmo frenetico dal puer Apuliae nell’arcaica terra di Iapigia. Quella sveva fu vera civiltà e non conquista, nobilitata dalle grandi conquiste giurico-istituzionali e dalle innumerevoli realizzazioni artistiche proclamate nei nostri giorni Patrimonio dell’Umanità; rappresento l’ultimo momento in cui convissero e si svilupparono con stupenda armonia il nascente volgare della Scuola poetica Siciliana e la tradizione greco-italiota simboleggiata dalla Scuola Poetica di casole alla periferia di Otranto: la storia che seguì, almeno per il Salento, fu una successione di dominazioni straniere che nel Meridione d’Italia videro solo la terra di conquista, dagli Angioini agli Aragonesi, dai Borboni ai Savoia. Ma questa è ormai storia dei nostri giorni.


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